Shoah, gli studenti genovesi raccontano i loro nonni cacciati dalle scuole. Saranno premiati da Mattarella

Genova – Il vecchio e i bambini si erano incontrati un anno fa nella palestra di una scuola del centro di Genova, là dove (come in ogni istituto scolastico d’Italia) nel 1938 si era consumato uno dei più drammatici strappi imposti dal fascismo con la promulgazione delle leggi razziali. Quell’appuntamento con Roberto Caffaz, uno dei piccoli studenti della Descalzi alla fine degli anni Trenta, è stato il momento più toccante del percorso che ha portato all’annuncio di oggi: la Descalzi-Polacco di Genova, grazie ai lavori di ricerca realizzati dalle classi elementari 4Ae 5a, si è aggiudicata il primo premio del concorso nazionale “I giovani incontrano la Shoah” arrivato alla XXII edizione, promosso dal ministero dell’Istruzione e del Merito per l’anno scolastico 2023/2024 sotto l’alto Patronato del Presidente della Repubblica, in collaborazione con l’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei).

Un concorso rivolto a tutti gli alunni della scuola primaria e del primo e secondo ciclo di istruzione. «Mi ha colpito il suo sguardo, sembrava provare ancora dolore» racconta Niccolò, 10 anni. E la storia continua e gli studenti portano nel cuore le parole ascoltate durante quell’incontro di un anno fa. Il vecchio Caffaz, scampato alla deportazione, invece si è arreso allo scorrere degli anni ed è morto poco prima di questa Giornata della Memoria 2024.

La Descalzi-Polacco al Quirinale

La storia può essere parte dell’identità di un popolo ma anche di una piccola comunità come quella che anima un istituto scolastico. «Andremo a Roma giovedì – racconta la maestra Concetta Cintoli, che da anni porta avanti con i suoi piccoli alunni un percorso d’approfondimento e memoria – e alla premiazione incontreremo il presidente della Repubblica Sergio Mattarella».

Cintoli è la maestra elementare della quinta A coordinatrice del progetto che ha coinvolto le due classi della scuola genovese di via Ricci. Una scuola che oggi ha un doppio nome: non più solo Descalzi ma Descalzi-Polacco. «Polacco era il custode della sinagoga, i suoi figli studiavano qui – racconta – e morirono tutti nei campi di sterminio».

Quell’istituto si era trovato suo malgrado al centro di una delle pagine di storia più cupe d’Italia: lì, infatti, quando gli ebrei furono espulsi dalle scuole, l’allora potere civico rappresentato dal podestà decise di consentire il proseguimento delle lezioni a tutti coloro che non erano «di razza ariana», a condizione che non si mischiassero con altri bambini.

«Il nostro lavoro è iniziato andando a recuperare i registri scolastici del tempo – riprende Cintoli – sono stati conservati con cura e recano la scritta “studenti di razza ebraica”, bambini che potevano frequentare l’istituto ma in orari diversi, solo al pomeriggio, passando non dal portone principale ma da un’entrata laterale». Caffaz, il bambino degli anni Trenta che aveva raccontato la sua storia ai piccoli alunni di oggi, non c’è più. È morto pochi mesi dopo quell’incontro «che è stato uno degli ultimi momenti di felicità della sua vita», racconta oggi il figlio.

Così a riprendere il filo della memoria è un’altra alunna di quegli anni, Delia Sdraffa, classe 1933. «Ho frequentato la scuola elementare De Scalzi di Genova nell’allora “sezione ebraica”, un’aula che era stata assegnata ai bambini ebrei – racconta – ho avuto come insegnanti la signorina Enrica Montel, cara amica della mia mamma e donna amorevole nei confronti di noi bambini. E dopo di lei la signora Orvieto, una signora molto severa: mi sgridava sempre perché scrivendo macchiavo il quaderno, senza parlare delle mani e le dita nere d’inchiostro. Cosa mi hanno fatto penare, quei pennini!»

Poi, i ricordi più amari: «Mentre tutti bambini accedevano alla scuola entrando dal portone principale, noi ebrei dovevamo entrare da un cancelletto che si trova tutt’ora alla sinistra dell’ingresso della scuola e ovviamente in orario diverso dagli altri, così da non consentire che ci potessimo incontrare con gli ariani. Anche l’ora di ricreazione avveniva in momenti diversi. Ricordo che avevamo un grembiulino con un fiocco azzurro, mentre gli altri bambini, che una volta ho visto da lontano, lo avevano rosso».

Memorie da conservare

La memoria non deve andare perduta, così da anni la “Descalzi-Polacco porta avanti un percorso di studio e di ricerca. «Raccontiamo quello che si può in base all’età – riprende la maestra Cintoli – magari partendo da fatti concreti, per spiegare che non si deve prendere in giro un altro bambino per qualsiasi motivo». Un impegno preso con la massima serietà dai piccoli alunni che hanno ricostruito con le loro ricerche quattro biografie; “Pupa” Dello Strologo, la famiglia Mesciulam, Bruno Colombo. «Sono rimasta molto impressionata che il signor Bruno si sia trovato costretto a mangiare la carne di un cane»; «Ho capito che lui aveva un grande cuore, è diventato anche partigiano».

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